Il concerto dei Karate (1)
scrivo a un amico “A me ha molto colpito questa cosa che nel pubblico stassero tutti zitti”. Il correttore dell’iPhone ha corretto in “stessero” prima che avessi l’occasione di farlo io e la domanda è cosa succede ora, cioè il dubbio è se l’errore sia stato effettivamente corretto ed ogni peccato sia stato mondato o se invece questo congiuntivo sbagliato sia stato immagazzinato nel telefono o peggio ancora già inviato alla grammar police o qualche organo equivalente che si occupi di profilare le persone anche sulla base della loro capacità linguistica e degli sfrondoni che sono capaci di mettere in un testo, e quindi tra una settimana inizieranno magari ad arrivare sponsorizzate sui corsi per rimorchiare le tipe o pompare il fisico.
Il concerto dei Karate (2)
a un certo punto, mi pare sia successo nei 16 secondi che passano tra la fine del concerto e l’inizio del bis, accanto a me Francesco dice che “da oggi in poi voglio solo vedere concerti di belle persone, cioè, presente, un concerto che quando il cantante ringrazia il pubblico si veda che è davvero grato.” Ieri ho provato a scrivere qualcosa sul concerto, sono arrivato a settemila battute ma ho deciso che non va da nessuna parte e rimarrà dentro al cassetto. Francesco comunque secondo me l’ha detto molto bene e in due righe.
Sulle reunion
Sono stato contrario alle reunion dei gruppi per un sacco di anni, proprio per principio. A guardarla oggi era un principio veramente stupido e faccio anche fatica a pensare a quali fossero i motivi per cui ero contrario. Forse temevo che troppa musica vecchia che tornava in circolo avrebbe tolto ossigeno alla musica contemporanea, e forse è un timore che si è pure avverato, ma se usciamo dalla visione macroeconomica dire a un gruppo di non riunirsi perché toglie forza al movimento dei gruppi nuovi è un po’ come dire che siccome siamo diventati otto miliardi, e il pianeta non arriva a sfamarci tutti, tutti gli over-60 del pianeta dovrebbero uccidersi per lasciar posto a gente con prospettive di vita più ragionevoli.
Slayer a colazione
(09/05/25, 08.15) un tizio che vedo tutte le mattine al bar, distinto, lavora probabilmente come operaio qui intorno. Siede quasi sempre di fianco a me, sfoglia il Carlino e la Stampa e la Gazzetta (come me, del resto). Gli trilla il cellulare, legge un messaggio, mi accorgo che nella cover del telefono ha la cover di God Hates Us All degli Slayer (intendo quella finta, l’immagine con le croci disegnate, non quella con la bibbia coi chiodi piantati e il sangue). Sento tutto il caldo che mi pervade il corpo, le orecchie si stanno arrossando e credo che la pressione stia schizzando alle stelle. Come posso avere avuto a che fare con questa persona, tutte le mattine per almeno un anno, e non aver mai saputo che abbiamo in comune almeno un gruppo della vita? Cosa ne pensa della fase post God Hates Us All? Come posso fare ad avere una normale conversazione sugli Slayer con lui, a ora di colazione e senza sembrare un otaku del thrash metal? E soprattutto: posso fare tutto questo senza timbrare il cartellino in ritardo? Meglio non avventurarsi. Ma sappi, caro Slayer Boy, che io non mollo.
La resurrezione del vinile come bene di consumo di fascia bassa nel mercato dell’arte
Una volta il 33 giri era un coso che serviva per ascoltare la musica, adesso è un bene posizionale fondamentale per una certa borghesia di centrosinistra (rispetto alla media dei prodotti nel mercato dell’arte, peraltro, ha ancora un prezzo abbordabile e può essere consumato in una logica incrementale). Voglio dire, è solo ragionevole supporre che le ristampe dei Boilermaker non siano comprate dai punkabbestia iscritti al DAMS ma dagli impiegati di banca ultraquarantenni che rompono il cazzo ai punkabbestia suddetti snocciolando la lista dei concerti che hanno visto al Covo durante il Prodi I -ma non da quelli che occupano le posizioni apicali nel CDA della banca perché loro si possono comprare tutti i Pettibon e i Froberg che preferiscono e per questo microcosmo immagino che i vinili siano percepiti, anche giustamente, come roba da straccioni.