STREET FOOD (luglio 25)
ogni cosa fatta in estate è la versione estiva di ogni cosa fatta in generale
(nota introduttiva: STREET FOOD raccoglie un certo numero di cose troppo poco interessanti per poter essere argomentate in un episodio singolo della newsletter, il che potrebbe tra l’altro ripercuotersi negli errori d’italiano di cui è disseminato il testo)
La sindrome di jb
Non si può accusare chi gestisce la legacy di Jeff Buckley di mancanza di senso dell’umorismo. Dopo una decina di compilation, altrettanti live album, X dischi tributo, X documentari, X DVD di concerti e un film, in un continuum che procede ininterrotto a furia di circa un titolo all’anno dal 1997 ad oggi, e il tutto a fronte di un solo disco realizzato in vita, è stato annunciato un nuovo documentario che si chiamerà It’s Never Over.
Un’altra sindrome
Il 14 maggio esce su rollingstone.it un’intervista di Claudio Todesco a a Manuel Agnelli. Lui a un certo punto inizia a dire delle cose allucinanti e io inizio ad incazzarmi come una pantera e bestemmiare.
(tipo, letterale, dice che “per essere preso sul serio in Italia devi prenderti anzitutto tu sul serio, perché nessun altro lo fa. Che tu faccia qualcosa di tremendo o di bellissimo, ti diranno comunque che è una merda.” Magari a voi non fa nessun effetto ma dovete pensarlo detto da uno che con gli Afterhours è stato servito e riverito da tutta la stampa italiana per almeno tre decenni).
Dieci minuti dopo capisco una cosa che mi sfuggiva da 25 anni, dal momento in cui nasce in me questo odio feroce nei confronti di Manuel Agnelli. Capisco che io non odio Manuel Agnelli ma solo il modo in cui risponde alle domande dei giornalisti. Voglio dire, non lo conosco personalmente ma conosco gente che lo conosce (è un paesino), e mi dicono in tanti che è una persona adorabile e un convintone totale, e uno con cui si potrebbe star lì a parlare di musica fino a che non ha finito la voce e potenzialmente potremmo essere non dico migliori amici ma passare una bella serata assieme. E ha pure fatto musica bella, magari non necessariamente la miglior musica mai fatta, ma ha fatto comunque dei buoni dischi. L’unica cosa in cui non è molto bravo è rispondere alle interviste. C’è qualcosa in quello che dice che per ragioni a me totalmente ignote, lo fa sembrare per qualche motivo un cattivo dei cartoni animati contro cui ti senti in dovere di combattere. A un certo punto diventa necessario teorizzare una sorta di complesso di Manuel Agnelli, che colpisce alcuni artisti della musica popolare che vengono sensibilmente peggiorati dalle interviste che rilasciano. Un esempio clamoroso è Jovanotti (per lo standard del mainstream italiano fa dischi OK, concerti coinvolgenti, e dicono tutti che sia una gran persona con cui si lavora benissimo e tutto quanto, ma ha una capacità soprannaturale di rilasciare dichiarazioni che sembrano fatte apposta per essere odiato). Luminosi esempi internazionali in gente tipo Brian Molko o Billy Corgan. Direi fuori categoria i casi tipo Kanye West in cui intervengono questioni psicologiche più profonde.
Primati
Leggo su rollingstone.it che “Ultimo fa segnare il record italiano di biglietti venduti per il concerto di un singolo artista” e me lo appunto mentalmente, a futura memoria di quale possa essere l’importanza del record italiano di biglietti venduti per il concerto di un singolo artista.
Infami
Io personalmente darei un daspo a quelli che ti riprendono mentre shazammi una canzone a un concerto. È successo alla prima data degli Oasis: una tizia shazammava Bittersweet Symphony, una testa di cazzo l’ha ripresa e l’ha messa su internet, milioni di altre persone l’hanno ricondivisa per prenderla un pochino in giro e boh, far sapere a tutti che loro in realtà non solo conoscono Bittersweet Symphony ma sanno anche che in realtà il titolo corretto è Bitter Sweet Symphony. Congratulazioni. Per me non c’è niente di peggio di chi si fa i cazzi degli altri ai concerti, a maggior ragione se i cazzi degli altri non disturbano nessuno. Poi naturalmente i record sono fatti per essere battuti e da 24 ore si sta parlando solo di due tizi che sono stati inquadrati abbracciati, e fuori del loro matrimonio, a un concerto dei Coldplay. La tesi attuale è che siano stati i due tizi, e non i Coldplay, a fare qualcosa di sbagliato e offensivo, oltretutto nei confronti di gente che ha pagato pure un biglietto (ai prezzi a cui vanno oggi i biglietti dei Coldplay). Posso supporre, comunque, che gli avvocati saranno in grado di mettere un qualche rimedio alla mancanza di educazione ai concerti.
Lasciatemiinpace-core
Insomma torno da questo apericena in un posto in spiaggia in cui degli incoplevoli dj hanno suonato roba dritta per cinque ore senza che nessuno ballasse veramente. “Roba dritta” è una specie di evoluzione di quella che negli anni novanta chiamavamo ‘la commerciale’, vale a dire diversi generi accomunabili dal fatto di poter essere suonati uno di fila all’altro: orrendi remix-cassa di pezzi di Sanremo, standard del reggaetone, classicissimi della italodance, drammatici esperimenti di itpop danzereccio. Esco dal posto completamente frastornato, sbavando per il momento in cui mi siederò al volante dell’auto e potrò suonare a palla di cannone una compilation di Blaze Foley o Kris Kristofferson, o magari quei dischi di Alva Noto e Ryuichi Sakamoto. Che è una specie di genere musicale poco codificato, devo capire come lo potremmo definire, fatto di dischi che trovano la loro ragion d’essere quando li suoni dopo essere stato per cinque o sei ore in un contesto pubblico di divertimento e bolgia che la musica in diffusione rende inospitale. Idee per il nome? Lasciatemiinpace-core?
Summer sessions
Dal punto di vista di chi legge di musica l’estate è una stagione tremenda perché per qualche ragione torna di moda una sfilza di argomenti che hanno smesso di interessarci 25 o 30 anni fa. La mia timeline sui social è invasa da articoli che raccontano storie tipo “questo disco è raccontato come un grande successo ma in realtà ha performato in maniera molto modesta”, o “questo concerto è stato dichiarato sold out ma in realtà i biglietti li han venduti a prezzo ribassato”, o “questo magazine online in realtà non è indipendente ma campa grazie alle sponsorizzate”. Tu giri per i social indossando una maglietta con scritto MA DAI e soffochi l’istinto di scrivere un elzeviro a commento di questa o quella vicenda, perché hai scritto lo stesso articolo 15 anni fa e siccome l’hai fatto su una rivista realmente indipendente, qualunque cosa significhi, la gente che avrebbe potuto leggerlo era disinteressata già allora.