NOTA INTRODUTTIVA: L’idea della sotto-newsletter Street Food è rubata alla newsletter della mia amica Chiara e contiene in sostanza una serie di appunti che ho scritto ma che non sono abbastanza buoni da giustificare manco un episodio della newsletter. Il nome Street Food è stato inventato 25 secondi fa e celebra la tendenza della tradizione popolare a prendere scarti di cibo e schifezze che la gente perbene butta via, cuocerli per due giorni e mezzo e realizzare piatti prelibati, che nelle punte più avanguardiste dell’economia di mercato vengono rivenduti a prezzi completamente assurdi e comprati dalla stessa gente perbene che li aveva scartati due giorni prima.
Wave
Amo molto le serie video di concerti in luoghi inusuali (tipo Tiny Desk) ma non è assurdo supporre che negli anni 2020, ogni volta che sorge il sole, da qualche parte del mondo nasce una nuova serie di video in cui artisti&gruppi suonano in luoghi inusuali, tipo uffici cucine sgabuzzini sale prove e crocicchi di strade. È possibile ipotizzare che, se venissero pagati per suonare, gli artisti potrebbero tranquillamente organizzare interi tour mondiali di concerti-in-posti destinati a una visione su YouTube con la coda dell’occhio mentre fai gli esercizi di yoga la mattina.
Postumani
Mi succede sempre più spesso di non riuscire a digitare correttamente un testo sul cellulare, quando mando un messaggio o scrivo un’email o cerco una cosa sul browser. La maggior parte degli strafalcioni sparisce grazie al correttore automatico del telefono, ma anche lui non riesce a cancellarli tutti. A volte sbaglio a digitare una parola, poi la cancello, poi la ridigito commettendo lo stesso sbaglio. Se devo pensare a quanti errori di battuta faccio in relazione a quanti ne facevo 4 o 5 anni fa, mi sento di concludere che la mia capacità di infilare una parola col telefono è peggiorata tantissimo. Musicalmente questo si abbatte come un’ascia in certi momenti di micropanico in cui ad esempio digito male il nome “Sergio Endrigo” su Tidal, Tidal non mi rimbalza nessun risultato e magari per un secondo mi viene da pensare alla possibilità che Sergio Endrigo non sia mai esistito e che sia una totale invenzione della mia mente e che la mia mente sia riuscita a comporre Lontano Dagli Occhi nel sogno per coglionarmi. Poi scopro di aver scritto “Erndigo”. Sono abbastanza abituato a pensare che né il mio telefono né le mie dita sbaglino, che entrambe le cose facciano affidamento su una tecnologia infallibile e che migliori ad ogni aggiornamento del sistema operativo. E quindi negli ultimi mesi sta crescendo in me il sospetto che i miei polpastrelli stiano ribellandosi e mutando forma a mia insaputa, che abbiano sviluppato un modo specifico ed ultra-efficace di inviare segnali sbagliati al mio cervello per sabotare una dipendenza da telefonino che si sta aggravando troppo e costringermi a vivere almeno un pezzo della mia vita nel luogo fisico in cui ho deciso di abitare.
Scoreggiare ai concerti
Il bello di scoreggiare ad un concerto affollato è che nessuno può dire con certezza che sei stato tu a farlo. Una volta era ancora più facile, ai tempi in cui si poteva ancora fumare al chiuso e l’aria era irrespirabile già prima che il gruppo iniziasse -in quel caso l’odore non era semplicemente percepibile, a parte un paio di casi di cui ho memoria. Oggi si riesce ad intuire la puzza di scoreggia ogni volta che qualcuno ne molla una, ma è impossibile tracciare con certezza l’origine della puzza. E quindi in qualche modo ci si sente tentati a provare. Purtroppo poi il cervello umano si affida ad un mare di stereotipi, e questo fa sì che quando senti la puzza ti viene naturale sospettare della persona in zona che l’ha mollata con più probabilità. Questa persona di solito è un maschio sovrappeso vestito male e con gli occhiali, cioè letteralmente io o qualcuno identico a me, ed è il motivo per cui anche ai concerti ormai mi sento moralmente obbligato a trattenere tutte le scoregge. Se non corrispondete all’identikit di cui sopra invece potete scoreggiare impunemente, e far cadere la colpa su quelli come me.
Odiare Coachella
Non amo i grandi festival musicali ma non li odio nemmeno, eccezion fatta per Coachella. Coachella lo odio. Ogni singola performance che vedo a Coachella mi provoca un fastidio che ha una dimensione fisica, molto intensa e localizzata. Ogni inquadratura del pubblico mi fa soffrire. Non è molto frequente vedere inquadrate persone che assistono a un concerto e pensare che non vorrei mai per nessuna ragione trovarmi in un luogo fisico assieme a questa gente. È come se mi stessi radicalizzando. Nei giorni di Coachella YouTube mi suggerisce dirette di Coachella, cerco di evitarle per quanto possibile ma mi arrivano comunque bocconi di live tramite le storie Instagram degli amici o altri canali social. Sento svilupparsi in embrione un certo disprezzo verso ogni artista che vedo comparire in cartellone a Coachella, ivi comprese alcune persone a cui devo un pezzo della mia vita. È come se partecipando a Coachella, ai miei occhi, un artista avesse deciso coscientemente e con entusiasmo di inglobare nella propria musica forme di anti-musica.
Esteri
Non possiamo dire con certezza che Imagine di John Lennon non abbia sensibilmente peggiorato la situazione politica internazionale
Superstizione
Quando vado a un concerto cerco sempre di comprare una maglietta, nei limiti del possibile. “Limiti del possibile” significa che se il concerto costa una cifra decente e la maglietta costa una cifra decente, compro la maglietta al banchetto. Compro solo magliette bianche e nere, quindi se ci sono magliette colorate le lascio al banco -non è superstizione, è che io indosso solo capi d’abbigliamento bianchi o neri o al limite grigio scuro e blu scuro, è una regola fissa, fa eccezione solo la roba che possiedo da prima di darmi questa regola fissa. Mi dà leggermente fastidio comprare maglie con il nome di un solista, questo perché credo che se vedessi per strada una persona che indossa una maglia con scritto “Francesco Farabegoli” vorrei farmi saltare il cervello, ma capisco che sia per la promozione e ok. E queste sono a grandi linee le regole che seguo quando compro una maglia.
Poi c’è una cosa di superstizione, ovvero che non compro mai la maglietta del gruppo prima che il gruppo abbia finito il concerto. Mi sono accorto che tutte le volte che ho comprato una maglietta prima che il gruppo suonasse, il concerto ha fatto schifo al cazzo. Naturalmente quando dico “tutte le volte” intendo dire che ricordo con precisione un paio di volte in cui è successo e ho semplicemente cancellato dalla mia testa tutte le volte in cui non è successo. È tutto originato da un concerto dei Mars Volta che ho visto senza aver mai sentito i Mars Volta, solo sulla base dell’entusiasmo che mi aveva provocato l’ultimo disco degli At The Drive-In. sono entrato, c’era una maglietta carina a un prezzo abbordabile, l’ho comprata. Poi ho scoperto come suonavano i Mars Volta, ma ormai avevo la maglietta e l’ho pure indossata un bel po’ (in quegli anni non potevo permettermi finanziariamente di non-indossare capi di abbigliamento che avevo acquistato). Ma ammetto di non avere imparato subito, e a quello sciagurato acquisto ne sono seguiti altri, per qanto ricordo sempre coincisi con concerti poi deludenti o comunque meno belli di quanto sarebbero stati se non mi fossi fatto prendere dalla frenesia e avessi comprato la maglia un’ora dopo.