Ho passato settimane e settimane attanagliato dal dubbio (scherzo) se il mio disco dell’anno sia quello di Rosalía o quello dei Pinegrove e alla fine ho deciso di metterli primi ex aequo. È una cosa che credo abbia un senso perché sono per molti versi due dischi opposti e per altri estremamente simili: opposti perché Rosalía è un disco che sembra vedere il futuro, mentre Pinegrove sembra non esistere nemmeno più nel presente. Simili perché sono entrambi dischi che io associo molto all’idea di sopravvivere, sia in senso lato che in relazione alla musica di cui sono, in qualche modo, alfieri. Ma il fatto che siano dischi tra cui non riesca davvero a scegliere tra uno e l’altro ha fatto saltare più o meno tutto il resto della classifica; così quest’anno la lista dei miei dischi non è davvero una lista numerata ma più una serie di suggerimenti. Sono dischi che, se non avete ascoltato già, secondo me dovreste ascoltare. Metto i grassetti così potete cercare i nomi sull’app senza doverbi sbattere a leggere cosa ne penso io. Lucrecia Dalt è per molti versi il lato obscuro di Rosalía, e forse pure meglio, e credo abbia senso che in giro sia così amato e supportato. Mi è piaciuto tantissimo il disco degli Alvvays e forse dopo anni di tentativi abbiamo il disco che mette davvero in soffitta per sempre (scritta benissimo, impacchettata da dio e agevole da consultare ogniqualvolta) tutta quell’estetica postpunk/anniottanta che sta continuando a tenere ostaggio l’indie, nella segreta speranza che una volta arrivato il bignami si smetta di insistere e si cominci d’improvviso non dico a mettere l’indierock in mano ai giovanissimi, ma almeno a riciclare qualche altra cosa già successa e musicalmente più interessante. Mi è piaciuto il disco country di Angel Olsen, mi sono piaciuti praticamente tutti i dischi International Anthem (Daniel Villarreal e Makaya McCraven su tutti ma anche Anteloper, Photay/Carlos Nino e tutto il resto del cucuzzaro). Moor Mother sta su Anti ma sta sempre molto bene. Ho adorato la doppietta Midnight (Rocker/Scorchers) di Horace Andy e credo che se parliamo di frequenza d’ascolti Midnight Rocker sia in top 3 (anche qui, Rosalía e Pinegrove purtroppo inarrivabili). Riascolto di frequente il disco dei The Smile, una cosa che con i Radiohead non mi succedeva dai tempi di OK Computer. Mi sbilancio nel dire che Panda Bear/Sonic Boom sia di gran lunga il miglior disco mai fatto da un Animal Collective fuori dagli Animal Collective, e forse anche il miglior album a cui ha mai lavorato Sonic Boom ma io non sono tutto ‘sto fan di Spacemen 3 e derivati. Ho continuato ad ascoltare soprattutto le cose che ascolto negli ultimi anni, quindi roots dub casuale e slowcore casuale, due generi che producono poche cose nuove di rilievo; a meno che non consideriamo roots dub certe declinazioni moderne che mi interessano fino a un certo punto, e slowcore tutti i dischi in punta di dita registrati con voci femminili tipo Kathryn Joseph e Tomberlin, ma non credo. Però ho ascoltato tantissimo cantautorato femminile giovane quest’anno e questo insomma va quantomeno menzionato. Anche cantautorato vecchio, ovviamente (il disco di Nina Nastasia è lancinante). RTJ CU4TRO è un disco molto sottovalutato su cui non torneremo ma spalanca veramente gli orizzonti su un mondo, e quest’anno ho ascoltato più latino di quanto ne abbia mai ascoltato -non so manco io cosa mettere in lista di roba nuova, Bad Bunny, Bruno Berle, boh, il fatto è che non so niente di musica latina e qualunque nome metta sarebbe un discorso da turista anche se magari l’ho sentito tutto l’anno. Credo che il disco di Beyoncé, per quanto inascoltabile, possa essere il più importante album dell’anno in questa sua impossibilità di raccontarsi a partire dall’idea di mainstream più percorsa e sperimentata dell’ultimo decennio, e quindi nel decretare il fallimento di tutta una teoria musicale che verrà percorsa per un altro lustro al massimo prima di tornare a un’idea pop più umana, perfettamente rappresentata da certi ripoff a due lire di Rosalía, appunto. Un altro disco che sto ascoltando tantissimo è il Dj Kicks di Theo Parrish che, se prendiamo i Dj Kicks come un momento per dare un nuovo contesto a un certo tipo di elettronica che vive nel presente, per quanto mi riguarda è uno dei migliori Dj Kicks della storia. È una fase di disamoramento totale verso l’hip hop, in parte dovuto al fatto che non ciò voglia io e in parte per il fatto che sta soffrendo senza dirlo in giro di una sindrome che imputiamo al rock, cioè quella di essere prigioniero di un atteggiamento mentale derivato dai canoni estetici che gli è convenuto percorrere, e oggi ha un po’ difficoltà a pensarsi fuori di lì; però ovviamente il fatto che non ciò voglia io influisce molto di più, e quindi mi piacciono soprattutto i dischi che inseguono questa poetica della stanchezza umana, e quindi adoro l’ultimo disco di Kaos One, o certe robe tipo slomohop costipate alla Elucid, e il disco di Dangermouse & Black Thought, ovviamente Kendrick Lamar (che però nella mia testa alterna disco molto bello e disco bello ma troppo pretenzioso, e a questo giro siamo al bello troppo pretenzioso). Niente musica rock pesa, perché boh, non è mai stato il momento di sentirne (a meno che non vogliate considerare “musica pesa” cose come City Of Caterpillar o Oxbow/Brotzmann, oltre a Chat Pile e Violin che ho effettivamente ascoltato o Special Interest che sono un po’ diciamo borderline, Wormrot e sì, insomma, anche quest’anno ho sentito della musica pesa). Mi piace l’indie rock e saranno comunque sempre i dischi che ascolto di più, quest’anno direi Lowertown, Try The Pie, Borts, soprattutto Modern Nature, Moin. Adoro letteralmente il nuovo SZA, di cui tanti stanno parlando molto male in giro (magari han ragione loro, siamo solo all’inizio, mi fido più del mio istinto). Il nuovo disco di Beth Orton continua a saltar fuori tra i miei ascolti e ogni volta è più bello. Ho ascoltato poca musica italiana, Gazebo Penguins continuano a menare forte, Edda, OvO, Big Cream, Wends, Clever Square, non so, Katzuma, Luigi Tozzi (forse del 2021). Sto dicendo nomi a caso ed è ora di staccare, quindi ora premo invio e inizio a bestemmiare perché ho lasciato fuori questa e quest’altra cosa.
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