recap 2022 #1: UN ALTRO GRANDE ANNO PER LA MUSICA
L’idea è di fare una serie di pezzi celebrativi in cui provo a ricapitolare cos’è stato il 2022 per me: playlist, riflessioni, propositi e se riesco qualche insulto qui e là.
Stamattina Kevin Martin ha pubblicato su Instagram (@bugmanldn) una lista di dischi che, ehr, non ho capito bene ma credo abbia compilato una lista dei dischi più belli di fine anno per Boomkat, e questi sono dischi che gli sono piaciuti ma non sono andati a finire nella lista. Non seguo molti musicisti su Instagram ma Kevin Martin è uno che condivide sempre musica bellissima e sembra in qualche modo un vecchio amico di liceo che è rimasto completamente impaccato con la musica. Nella lista, comunque, ci saranno una cinquantina di album. Alcuni li conosco benissimo, altri non li conosco proprio, alcuni mi piacciono tantissimo, altri mi sembrano delle gran stronzate di dischi. Non ha importanza, prima della lista ha scritto una cosa semplicissima che mi ha dato da pensare: “another great year for music”. Intendo, Kevin Martin è Kevin Martin. Fa musica da una trentina d’anni ai massimi livelli, ha visto iniziare e finire dei trend, ne ha seguito qualcuno, ne ha anticipato qualcun altro ed è sempre rimasto in sella. Oggi ha passato i cinquanta, continua a realizzare dischi bellissimi e probabilmente si vive la musica in un modo che fino a qualche anno non sarei nemmeno riuscito a immaginare. Prendete la frase sopra: “un altro grande anno per la musica”. Che significa? È una sparata di circostanza o il risultato finale di un’analisi seria e approfondita che l’ha portato a pesare l’evoluzione di ogni genere, con la cognizione di causa che hanno gli enciclopedisti della musica come lui? Non sembra forse il 2022 un anno in cui il rock alternativo ha dimostrato di non saper uscire dal canovaccio degli ultimi anni? E l’hip hop non si è un po’ troppo fossilizzato su un paio di formule che negli ultimi anni l’avevano fatto entrare nella stanza dei bottoni e oggi sembra che si sia incollato alla sedia per paura del vento che viene da fuori? Non trovate anche voi che il massimalismo pop abbia perso completamente la brocca e i dischi più celebrati siano in realtà dei lunghissimi questionari in cui si cerca di rispondere “sì” a quante più domande possibile? Come può essere che il 97% dei grandi visionari dell’elettronica sperimentale stiano sognando da una dozzina d’anni lo stesso incubo distopico uguale per tutti? Non era forse meglio il 2019, con quella sensazione da tuttopuòsuccedere legata alla conceptronica prima che uscisse l’articolo sulla conceptronica di Simon Reynolds che ha fatto scappare tutti a gambe levate dalla conceptronica? Eccetera, eccetera, eccetera. Suppongo che come tutti anche Kevin Martin abbia una serie di domande del genere che gli frullano in testa. E che magari nel suo caso non si trasformano in articoli-pippone spediti via newsletter, e diventino piuttosto dischi di ambient cinica ultrararefatta senza beat perché magari quest’anno di fare dubstep non ciò voglia. Lana caprina. E in fondo non è nemmeno così importante la domanda sopra, se quella di Martin fosse circostanza o analisi. Quello che conta è l’impatto che la musica tende ad avere sulla vita di una persona dell’età di Kevin Martin, e quindi per certi versi della mia (che sono più giovane ma mica così tanto). E in una testa più avvizzita dal tempo la questione è necessariamente più semplice: nel 2022 è uscita bella musica. Bella musica che nel 2021 non potevo ascoltare, perché non era ancora uscita. Che questa bella musica finisca o no per andare a modificare il canone è impossibile da dire oggi, e comunque poco importante. Ci sono molti dischi belli del 2022 che nel 2023 non ascolterò più, perché nel 2023 vorrò ascoltare nuovi dischi -altrettanto belli, in molti casi. E questo è più o meno quanto: alla fine di tutti i discorsi, o più esattamente all’inizio di tutti i discorsi, siamo stati un altro anno dentro alla musica perché ci piace la musica.