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Le cifre di un'edizione da record
due italiani su uno hanno assistito alla prima data del Jova Beach Party
Repubblica, 4 luglio: “Jova Beach Party, il debutto è un successo: 60mila persone a Lignano Sabbiadoro e 116 milioni online”. Testo dell’articolo: “116 milioni di spettatori virtuali hanno 'accompagnato' i 60mila in presenza a Lignano Sabbiadoro. Basterebbero questi numeri a raccontare il successo del debutto del Jova Beach Party durante la prima tappa del lungo tour estivo. Una festa itinerante popolata di sorrisi, entusiasmo e gioia che ha entusiasmato il pubblico dal primo pomeriggio fino a notte fonda.”
Voglio dire, se uno deve spararla, tanto vale usare il fucile a pompa. Cosa significa esattamente “116 milioni di spettatori virtuali”? Difficile a dirsi. L’articolo di Repubblica non approfondisce particolarmente, quindi prendiamo la cifra nuda e cruda: due italiani su uno
(lo ripeto, se posso: due italiani su uno)
hanno assistito al Jova Beach Party online. Scende più nel dettaglio un pezzo di Manuela Ippolito Giardi su musicalnews punto com: “Con 416 articoli e 30 collegamenti con Tg e Tv nazionali, le immagini del debutto del JOVA BEACH hanno raggiunto circa 680 milioni di potenziali spettatori e lettori. Con un engagement complessivo di 786K impression (Instagram 69%, Facebook 25%, Twitter 5%, TikTok 1%), 116M di utenti raggiunti sui social e 3.5mila emoji utilizzate…” Un successo senza precedenti? Non proprio, se è vero quello che scrive Francesco Prisco sul suo blog ospitato dal Sole 24 Ore: “un format innovativo che già nel 2019 ha fatto conquistare al Jova Beach il primato di spettacolo più visto sui social con oltre 5,8 miliardi di impressions e più del 93% di sentiment positivo”.
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Le cifre le trovate online. Capire quale sia il loro vero significato, è un altro paio di maniche. Certificano lo straordinario successo del Jova Beach Party, senza dubbio. E poi ci dicono che se stessimo ai numeri delle persone che hanno pagato il biglietto, il successo del JBP non sarebbe percepito come senza precedenti e magari nemmeno straordinario. Come se di là dallo schermo ci fosse gente che legge “60mila persone” e pensa “bah, come dei cazzo di Pearl Jam qualsiasi”. Non è incredibile? A me francamente l’idea di essere in un posto con 60mila persone fa venire un attacco di panico. Ma immagino che per la maggior parte della gente questa cosa non basti più: nella prima estate in libertà, con Vasco Cremonini Ligabue e i Maneskin in giro a far centinaia di migliaia di paganti, dobbiamo mettere a confronto le cifre nude e crude.
Le quali ovviamente vengono tirate fuori da gente che ne sa molto più di me, e io non ho davvero l’autorità per discuterle. Ma se “116 milioni di spettatori virtuali” e “116M di utenti raggiunti sui social” indicano gli stessi 116 milioni di persone, io sono senz’altro uno di loro. Ho letto diversi articoli sul Jova Beach, linkati sui social. Nella mia bolla di comunisti ambientalisti abbestia girano più che altro pezzi che rientrano nel 7% di sentiment non-positivo, ma le bolle son bolle. In ogni caso, dicevo, sono uno spettatore virtuale del Jova Beach. Il che spiega almeno in parte la mia stanchezza in questo periodo, perché nelle ultime settimane sono stato (virtualmente) ai concerti di Salmo, Kendrick Lamar, Nick Cave, Pearl Jam, Cremonini, Jovanotti e un sacco di altra gente, e ho dovuto comunque alzarmi tutte le mattine per andare a lavoro, e portare i bambini al mare. La buona notizia è che questo fine settimana ci riposiamo: i lidi ravennati sono impraticabili per via di un concertone in spiaggia. Queste notizie, che certificano in maniera ancor più evidente il successo dell’evento, di solito sulle testate non esce. Te l’immagini se lo mettessero in un articolo? Un successo senza precedenti per il concerto di Kendrick Lamar: nello scorso weekend la cittadinanza ha pronunziato 4,4 milioni di volte il nome di Dio invano (Padre 56%, Madre 32%, Figlio 5%, Padre Adottivo 2%). Altra domanda: quali sono i miei diritti di spettatore virtuale, visto che qualcuno si pavoneggia col fatto che ci sono stato? Posso lasciare una recensione negativa nel guestbook? Posso lamentarmi sui social della performance del clarinettista? Posso scrivere in privato a un tizio e insultarlo perché è posizionato virtualmente proprio davanti a me e diocristo è alto 1,98? Evidentemente no. Altra domanda: in quanti stati nazionali sono divisi i 116 milioni di spettatori virtuali? In che lingua comunicano? Il punto è la pervasività del sistema: quanto sei costretto a consumare un evento? Quanti eventi sei costretto a consumare ogni settimana contro la tua volontà? Quanti altri eventi indesiderati possiamo infilarti in gola prima che tu inizi a considerare l’idea di togliere Instagram dal telefono e andare a vivere in una baracca nei boschi?
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La serata finale del Festival di Sanremo è stata vista da 15 milioni di persone, pari al 62,05% di share (difficile calcolare lo share del JBP: sulla popolazione televisiva del febbraio 2022 sarebbe un 483,3%, ma è una percentuale destinata a scendere se calcolata in relazione al numero di persone che hanno fatto qualcosa col telefono, nel pianeta, questa settimana). Quando Amadeus presenta i cantanti a Sanremo a volte dice cose tipo “il suo ultimo singolo ha 10 milioni di streaming su Spotify”. Quello che sta dicendo veramente è “probabilmente non avete mai sentito parlare di lui/lei, ma vi assicuro che qualcuno nel paese ha sentito questo nome”. Coi Jalisse e i Figli di Bubba non succedeva. I numeri servono a far danzare le idee (cit.) ed è evidente che nel 2022 la cultura delle cifre gonfiate si è radicata così tanto tra redazioni e uffici stampa che ormai nessuno ha più la minima intenzione rimanere almeno nel campo del verosimile. E immagino che gli artisti non abbiano nessuna colpa in questo: loro vogliono suonare e avere un pubblico, e quel pubblico è impressionante sotto ogni punto di vista. E allora perché tutti questi cotillon di narrazioni tossiche a cazzo di cane?
(Ho una risposta, ma non vi piacerebbe)