Il disco più bello di sempre
Le macchine in fiamme, l'appennino emiliano e i punk settantenni
Now it’s 1984
Knock Knock at your front door
It’s the suede denim secret police
They’ve come for your uncool niece
(California Uber Alles)
Il 21 maggio ‘79 Dan White viene condannato per l’omicidio di George Moscone e Harvey Milk. L’omicidio è avvenuto nel novembre del 1978. Moscone è il sindaco di San Francisco, Harvey Milk è un consigliere comunale: il primo gay dichiarato ad essere eletto a un pubblico ufficio nella storia degli Stati Uniti. Dan White è un ex-consigliere comunale: ha presentato le sue dimissioni il 10 novembre e richiesto di annullarle qualche giorno dopo. Il 27 novembre White si introduce in Municipio con una Smith&Wesson evitando i metal detector, si dirige nell’ufficio di Moscone e gli spara una serie di colpi. Ricarica il revolver nel tragitto verso l’ufficio di Milk, dall’altra parte del fabbricato, poi entra e glielo svuota addosso. L’arresto e la confessione sono immediati. La strategia della difesa per il processo è di invocare l’infermità mentale ed evitare l’ergastolo. Una strategia che pagherà: la giuria assolve White dall’accusa di omicidio di primo grado e lo condanna solo per omicidio volontario, con attenuanti d’infermità mentale: 7 anni di prigione. Alla notizia la comunità gay di San Francisco scende in strada per protesta contro la sentenza, arrivata da una corte di cui da tempo si sospetta l’omofobia. Alla protesta si uniscono altri attivisti, e quando la marcia arriva davanti al municipio la folla dei manifestanti coinvolge circa cinquemila persone. In circostanze mai precisate, qualche poliziotto inizia a pestare i manifestanti. La protesta, che fino a quel momento era rimasta pacifica, dilaga in una rivolta violenta, che passerà alla storia col nome di White Night: centinaia di feriti e un colpo drammatico per l’amministrazione cittadina. La foto più celebre della notte è scattata da una fotografa freelance di nome Judith Calson: un ragazzo ha sfondato il vetro di un’auto della polizia parcheggiata sulla strada e ha dato fuoco all’interno; l’incendio si propaga alle macchine vicine, e Calson si trova ad immortalare la fila di automobili in fiamme.
Qualche mese dopo a San Francisco si vota per le comunali. A un certo punto, durante la campagna, spunta fuori il nome di un nuovo candidato. È un ragazzo di 21 anni che di nome fa Eric Boucher, ma tutti conoscono con un bizzarro pseudonimo che usa quando canta in un fenomenale gruppo punk della città. Leggenda vuole che la sua discesa in campo sia stata pensata a un concerto dei Pere Ubu, durante una discussione con qualche amico: tu che fai tutti quei pipponi sul palco, perché non ti candidi alle comunali? Boucher decide di provarci per davvero. Stila un programma su un tovagliolo che scrive a penna durante il concerto, trova il modo di farsi ammettere tra i candidati (dieci nomi) e inizia a far campagna. Il programma mischia richieste goliardiche ai limiti del delirante e coraggiosi progetti di intervento sociale a sostegno delle fasce più bisognose della popolazione. L’elezione verrà vinta al ballottaggio dalla democratica Dianne Feinstein (già nominata sindaca ad interim della città dopo la morte di George Moscone). Allo spoglio delle schede Boucher, che ha corso con il nome di Jello Biafra, arriverà terzo. Un anno dopo un’etichetta inglese pubblicherà il primo disco del suo gruppo, e sarà lui stesso (con Alternative Tentacles, l’etichetta che ha creato da pochissimo assieme al suo chitarrista) a curarne l’edizione americana. Il disco si chiama Fresh Fruit For Rotting Vegetables. La copertina è occupata dalla foto di Judith Calson.
Inizia così, grossomodo, la storia pubblica dei Dead Kennedys. Un gruppo che, per ragioni anagrafiche, ho conosciuto una dozzina d’anni dopo, quando il loro disco era già un classico e la band era morta e sepolta. Le circostanze della mia scoperta sono, approssimando, l’opposto ideologico delle circostanze che hanno fatto nascere il disco. Ho abbracciato questa contraddizione tipicamente middle-class senza pormi il problema di quanto misteriose siano le vie dell’amore. Tutto succede in un posto sull’appennino emiliano e precisamente a Bosco di Corniglio, un posto veramente in culo ai lupi. Ho finito la terza media da qualche mese e finito da pochi minuti di montare la tenda dove dormirò per le prossime due settimane. È il terzo campo scout della mia vita. Montare le tende è una fatica insensata: si tratta di vecchie tende dell’esercito americano, regalate di seconda o terza mano al mio reparto (uno dei più rigorosi e militaristi della mia città). Per portare solo la tenda ci vuole tutta una squadriglia e un paio di capireparto, poi c’è tutta una serie di pali di ferro e picchetti per tenerla in piedi -una decina di pali a tenda, malcontati. Montarla è una fatica sconvolgente, specie per uno con la mia costituzione fisica, e quando hai finito è ora di montare il Quartier Generale (la tenda dove dormono i capi e si fa attività quando piove, che è grande come un appartamento e avrà trenta pali di sostegno). Poi, se anche arrivasse un uragano, si dorme all’asciutto. Per dire, insomma, che in questo momento io e gli altri della mia squadriglia siamo stanchi scuoiati per terra. Il caposquadriglia è Matteo, un personaggio particolare -è il migliore del reparto a giocare a pallone, futuro militante di sinistra e ballerino eccezionale. Il vice è Nicola, che ha gli stessi anni che ho io ma molta più personalità, e quindi lui è il vice e io sono il terzo (il terzo di squadriglia è una specie di titolo nobiliare che non comporta alcun costo e alcun beneficio, dicono “tu sei il terzo” perché hai un anno in più del quarto e in un sistema militarista come quello degli scout è importante mettere in chiaro le gerarchie anche quando non ci sono). Ci sono altri due o tre tizi. I primi due giorni di campo sono i più duri: devi costruire la cucina e il tavolo in mezzo al bosco, cercare di deviare il ruscello per avere una sorta di acqua corrente, sistemare la tua roba. Così siamo stesi sul prato a recuperare qualche brandello d’energia e giochiamo a cosa rimpiangiamo di più della nostra vita di tutti i giorni, come se ci avessero chiamati al fronte. Il principale rimpianto di Matteo sono le partite: ha dovuto interrompere un campionato di Subbuteo tra amici, a cui partecipa anche il capo di un’altra squadriglia e a cui stanno giocando da mesi, una roba ultracomplessa al cui confronto il campionato di serie A è roba da turisti. Nicola rimpiange di non potere ascoltare i Dead Kennedys. A me manca soprattutto il mio cane -per il resto, a dire il vero, tanto vale stare sull’Appennino a rompersi il culo. Sto per dirlo, ma uno dei membri più giovani chiede chi siano i Dead Kennedys. Per Nicola è un assist a porta vuota. Comincia a spiegare che i Dead Kennedys sono un gruppo arcòr, e quindi comincia a spiegare cos’è l’arcòr, e poi ci spiegherà di cosa parlano le canzoni dei Dead Kennedys. L’argomento monopolizzerà il resto della giornata, parlando con una passione che solo i veri fanatici di musica possono comprendere e accettare, mimando canzoni e riff di chitarra. È la prima discussione sul rock pesante a cui partecipo in vita mia, o almeno credo. Finirà poco dopo, mentre tutti assieme stiamo costruendo una diga e Federico, un ragazzetto di seconda media che sta in un’altra squadriglia, fa un gavettone pauroso a Matteo, il quale s’incazza come un puma, gli urla FIGLIO DI PUTTANA e inizia a tirargli una gragnuola di sassi addosso finché un caporeparto non interviene a separarli. Particolare curioso: Matteo e Federico sono fratelli. Ma in questo momento sono già totalmente innamorato dei Dead Kennedys, un gruppo che non ho mai ascoltato e non ascolterò per mesi ancora. Così passerò le due settimane successive a chiedere informazioni sul gruppo a Nicola, che naturalmente non vede l’ora di rispondere. Alla fine del campo conoscerò a menadito tutti i loro riff e alcuni testi e i titoli delle loro canzoni, senza aver mai messo su mezzo secondo della loro musica.
Nemmeno mio fratello sa aiutarmi. Ha letto qualcosa su di loro, conosce a menadito Jello Biafra, ma non ha idea di chi possa avere i loro dischi. Nicola mi porterà un nastro doppiato del loro primo album, due mesi dopo, alla ripresa delle attività del reparto. E poi mi introdurrà al suo giro di amici, che mi insegnerà i primissimi rudimenti di skateboard, una passione che si prenderà totalmente la mia vita e che mollerò dopo una settimana, tre secondi dopo la prima sbucciatura, senza aver praticamente imparato manco a stare in piedi su una tavola. Se ne andrà poco dopo dal reparto, e non rimarremo in contatto. Lo reincontrerò qualche anno dopo -ha un gruppo, suonano a una festa sulle colline vicino a casa mia. Negli anni in cui non ci frequentavamo ho scoperto cosa sia di preciso l’arcòr (ho ancora dubbi, a dire il vero) e cosa sia il punk, e ho sempre pensato che senza i racconti esaltati di Nicola forse ne sarei stato alla larga. Sto per andare a dirglielo, gli vado incontro, ma è evidente che non mi riconosce -e niente, fine della storia.
Quando dico “il disco più bello di sempre” credo sempre a quello che sto dicendo, ma “il disco più bello di sempre” in realtà è più di uno. La categoria “il disco più bello di sempre” mi serve per distinguere alcuni dischi rispetto ad altri, che chiamo “uno dei miei dischi preferiti”. Sono di più, e sono effettivamente i miei dischi preferiti, ma quelli inclusi nella lista “il disco più bello di sempre” sono più belli ancora. Ci sono gruppi per cui la conoscenza vera e oggettiva non conta quanto le storie della tua vita con la loro musica in sottofondo e a volte riguarda anche i casi in cui la musica in sottofondo non c’è. Era vietato portare i mangianastri al campo scout, per qualche motivo che non so -per un certo tipo di scoutismo per vivere appieno la natura è fondamentale uccidere tutto il resto. I Dead Kennedys, in senso stretto, non sono un gruppo arcòr, o comunque il giro arcòr statunitense li considera dei padri più che dei pari. La chitarra di East Bay Ray, nell’imitazione di Nicola, suonava da dio (un suono industriale, molto metallico, TVVVZZZ TVVVZZZ, nella mia testa un po’ simile a quello che poi scoprii essere il marchio di fabbrica dei primi Einsturzende Neubauten). Nel disco suonava anche meglio. Se l’epopea dei Dead Kennedys (1978-1986, un periodo tormentato di controversie, cause legali e dischi di bellezza insensata) non fosse stata così fondamentale per la storia del punk e del rock antagonista americano in generale, avrebbero potuto essere il più grande gruppo surf della storia. Fresh Fruit For Rotting Vegetables, come tutti i più grandi dischi punk, è soprattutto un grande disco pop: canzoni perfette, musica perfetta, qualità audio eccepibile, testi che è meglio non tradurre a mamma. Il primo disco punk della tua vita, se hai passato la vita ad ascoltare del punk, è come la prima pera: bellissimo, ma è un po’ l’inizio della fine della tua vita.
L’eredità artistica dei Dead Kennedys è curata e tenuta in vita da tre dei quattro membri originali della band, dopo una sanguinosa causa legale durata anni che ha costretto Jello Biafra a pagare royalties e spese legali, ha tolto dalle sue mani il controllo del catalogo e l’ha cacciato a calci dalla stanza dei bottoni. Il giorno successivo alla vittoria sono iniziati i lavori per la ripubblicazione del catalogo del gruppo, una reunion (con un altro cantante, dopo il secco rifiuto di Biafra) e una serie di live tenuti nel cassetto. Biafra è incazzato nero per questa cosa. Rimane il membro più in vista, e di molto, della band: il suo coinvolgimento nelle campagne presidenziali e nella scena musicale lo rende una voce quasi sempre meritevole d’essere ascoltata, e direi che nei tempi che viviamo è qualcosa. Non ho una posizione precisa: capisco le ragioni del cantante, ma i dischi li ho comprati comunque e mi sono goduto i risultati. La terza età dell’arcòr.
I miei figli sono in una fase di scoperta musicale. Me ne sono tirato fuori finché ho potuto per paura di diventare uno di quei babbi lì, ma poi mi ci sono appassionato: hanno una playlist ciascuno in cui mettono, un po’ a caso, alcuni dei pezzi che facciamo ascoltare loro. Mio figlio ha un carattere molto aggressivo e dinamico e tende naturalmente al punk, comunque non disdegnato nemmeno da sua sorella. Gruppo preferito per ora: The Ex. Comunque un giorno eravamo in macchina e ho pensato di mettere i Dead Kennedys, e ho provato a spiegare un po’ di cose, che questo è uno dei miei dischi preferiti, e che è molto melodico ma molto violento e ha dei testi molto sarcastici che è un po’ difficile capire (i miei figli sanno un po’ di inglese e non è facile spiegare il senso di una canzone intitolata Uccidere i poveri e diocristo è solo la prima). Non ha funzionato. Pazienza. È stato così, in ogni caso, che sono venuto a conoscenza dell’uscita di un’edizione rimasterizzata del disco, pubblicata oggi, che oltre a suonare oggettivamente da paura è anche il gancio per scrivere due righe, e scusate lo scarso valore giornalistico del tutto, sul disco che mi ha fatto innamorare della musica.
Nicola ho continuato a vederlo in giro. Una sera ci siamo riconosciuti, e da quel giorno ci capita di scambiar due parole ogni tanto. Una sera ho deciso di dirglielo: “per me è iniziato tutto quando mi hai fatto conoscere i Dead Kennedys”. Non mi è sembrato molto impressionato dalla cosa ma va anche detto che era fatto come un bradipo.