La premessa è che non voglio fare finta di saperne a tronchi sui Beach Boys, non è così -li ho ascoltati, tantissimo, non quanto altri che li hanno ascoltati tantissimissimo. Il mio culto per Brian Wilson si limita quasi solo a Pet Sounds e Smile. Questo non è un pezzo tipo in morte di Brian Wilson, oddio, lo è in parte, quello che voglio dire è che se avete bisogno di qualcuno che vi spieghi in maniera originale e arguta quanto come e perché Brian Wilson è il più grande compositore della storia del pop, non sono la persona giusta a cui chiederlo. Mi prendo solo un secondo per segnalare due dischi che a quanto pare non sono così frequentati, ed entrambi sono versioni diverse di Pet Sounds. Nessuna delle due è presente sui portali di streaming, o comunque non nei portali di streaming che uso io; non si trovano integralmente nemmeno su youtube.
1 THE PET SOUNDS SESSIONS
Le session di Pet Sounds sono uscite alla fine degli anni novanta, teoricamente in occasione del trentesimo anniversario del disco, poi c’erano stati dei ritardi. Come tanti dischi di sessions usciti più o meno in quel periodo il mio ricordo è che siano state accolte con un briciolo di freddezza, perché a quell’epoca i dischi si supponeva ancora dovessero costare una certa cifra e tutto il resto era per nerd irrecuperabili flippati con le collector’s edition. E infatti una grossa parte del programma contiene le tracce originali del disco in mono, o altre cose di cui personalmente non capisco nulla. Poi c’è una parte che cerca di spiegare come funzionava la testa di Brian in quel periodo, e quindi gli strumentali del disco, e separatamente le tracce vocali senza la musica sotto. Qualche articolo mi convinse a grattare il disco su Napster nei miei primi mesi di internet, e poi riuscii pure a rimediarne una copia a un prezzo abbordabile e ce l’ho da qualche parte. Le tracce only vocals delle canzoni sono di una bellezza sconvolgente. Vi metto il link a Sloop John B.
2 DO IT AGAIN: A TRIBUTE TO PET SOUNDS
La ragione per cui possiedo questo CD è legata alla mia timidezza patologica e al fatto che essendo stato commesso in un negozio non tratto mai male, per nessuna ragione, il commesso di un negozio. Insomma, ero in questo negozio di dischi dove andavo molto spesso in quegli anni; avevo preso un briciolo di confidenza con uno dei gestori, che ogni volta che entravo mi consigliava sei o sette dischi nuovi da ascoltare. Lo confesso solo qui: tra tutte le persone con cui ho parlato di musica, è stata senza dubbio la persona con cui avevo meno in comune. Di tutti i dischi che mi proponeva, credo di non averne mai portato a casa uno. Quel giorno sembrava molto insistente su un disco che non ricordo quale fosse ma apparteneva senz’altro a quella schiatta di gruppi mainstrindie con cui si rimorchiava all’epoca (The National, Grizzly Bear, Okkervil River eccetera); aveva una luce negli occhi che mi aveva in qualche modo convinto a non deluderlo. Come potevo uscire dall’impasse senza sganciare i 15/20 euro del CD? Ho deciso di pescare un altro disco dallo scomparto delle novità, fare una faccia stupita e portarmelo a casa. Il disco in questione era appunto Do It Again: A Tribute To Pet Sounds, un tributo indie integrale al disco. Anche questo un tipo di album piuttosto classico: artisti che rifanno il disco integralmente, una traccia per uno. Ho fatto finta di essere devastato alla scoperta di un disco del genere, l’ho comprato sull’unghia e l’ho ascoltato in macchina appena uscito. È un disco con una qualità media deprimente e un sacco di roba orrenda che ti aspetteresti strepitosa (tipo You Still Believe In Me di Vic Chesnutt, una roba che solo a leggerla ti viene da scucire i soldi in automatico ma nella versione finita potrebbe stare sì e no in un 7” da cestone del postpunk). Però ci sono due capolavori. Il primo è Wouldn’t It Be Nice rifatta da Will Oldham, qui accreditato come The Oldham Brothers: prende la traccia originale, cambia la melodia, toglie tutto l’arrangiamento e l’unica cosa che rimane ad agganciare il testo è il PAPAPAPAPA alla fine. E poi c’è God Only Knows rifatta da Daniel Johnston, ed è esattamente come chiunque capisca mezza cosa di musica s’immagina una God Only Knows rifatta da Daniel Johnston.
Fine, nient’altro.