Il ricordo più vivo che ho degli Uzeda è l’ultimo in assoluto ed è una cosa che, a dispetto del fatto che in questo momento io la stia raccontando, non è raccontabile. Comunque direi che siamo alla fine del luglio del 2019 e gli Uzeda suonano a Marina di Ravenna in quello che ad oggi, per me, è il loro ultimo concerto. A un certo punto stanno per suonare una canzone che sta sull’ultimo disco che hanno pubblicato, uscito poche settimane prima. Giovanna Cacciola prende la parola e tenta in qualche modo di introdurre la canzone. In tanti concerti che ho visto fare a Uzeda e Bellini -mi pare- la prima volta che le sento dire qualcosa che non sia “grazie” o “Sacha per favore alzami la voce in spia”.
(Sacha quella sera è il fonico che si portano in giro, oltre a essere, sempre quella sera, il figlio di Giovanna e Agostino)
Non credo che sia nemmeno una cosa voluta o cercata in qualche modo, forse più un essere vittime in qualche modo dell’essere gli Uzeda. Che all’Italia hanno sempre guardato il giusto e che hanno suonato dappertutto e hanno una reputazione nel giro di gruppi più importante della storia, parere personale ovviamente, e non è che se stai suonando a Chicago puoi interrompere il concerto e metterti a fare un pippone, e così non lo fai da nessun’altra parte. Forse. Politicamente è un periodo infausto: uno dei peggiori consigli dei ministri del dopoguerra sta governando da un anno e passa, e gli equilibri del potere si sono spostati in blocco sul Ministro dell’Interno, che sta costruendo tutto il suo consenso sul creare problemi attaccando le ONG che tentano di salvare la gente in mare. E così Giovanna sussurra al microfono, con quella voce bassa che ha lei quando non canta, dice che la canzone si chiama Deep Blue Sea, e che loro sono nati in una città che si affaccia sul Mediterraneo, e che il mare per loro è sempre stata la cosa più bella del mondo, e sapere che oggi in quel mare lì
E poi non dice più niente e sta guardando in basso, e anche noi, qualcuno applaude ma più che altro siamo tutti in silenzio e a un certo punto è tutto davvero insopportabile, e poi gli Uzeda ricominciano a suonare.
C’è una campagna su PDB per finanziare le fasi finali di un documentario sugli Uzeda. Ieri Colapesce ha scritto un (bellissimo) articolo su Rolling Stone in cui parla di quello che sono stati per lui, ma la raccolta fondi è ancora indietro e sarebbe davvero un peccato non arrivare all’obiettivo. Così, insomma, se qualcuno ha modo di versare un contributo e magari spargere un po’ in giro la voce, secondo me è una bella cosa. Se c’è una storia che vale la pena di raccontare è la loro.
Vi dico un’altra cosa sugli Uzeda: se mi chiedessero una lista dei cinquanta migliori artisti/gruppi italiani di tutti i tempi, probabilmente non mi verrebbe in mente di inserirli. Ma se uno qualunque dei gruppi in questa lista fosse in scaletta a un qualche immaginario festival, e sull’altro palco in quel momento suonassero gli Uzeda, non avrei mezzo secondo di dubbio davanti a quale palco sarei .